Intervista all’architetto Marco De Angelis
In seguito alla pandemia, il nostro modo di vivere e di abitare ha subito notevoli trasformazioni. Molte persone si sono trovate costrette a passare gran parte del loro tempo in casa, con una conseguente ridefinizione dei concetti di spazio e di comfort abitativo. In questo nuovo scenario, l’architettura e il design degli spazi residenziali sono diventati ancora più importanti, con la necessità di creare ambienti che siano funzionali, confortevoli e soprattutto sicuri per le persone che li abitano. Per approfondire questo tema, abbiamo avuto il piacere di intervistare il noto architetto e designer napoletano Marco De Angelis, che ci ha fornito la sua visione su come valorizzare gli spazi del proprio immobile.
Ciao Marco e benvenuto sul nostro Blog! La ristrutturazione di un appartamento può essere un’esperienza emozionante, ma anche piena di insidie. Perché ad oggi bisogna affidarsi ad uno studio di progettazione e qual è la tua metodologia di lavoro
Innanzitutto vi ringrazio per l’opportunità di confronto su un tema che mi vede impegnato appassionatamente da anni, ossia l’abitare che troppo comunemente si confonde con la pura e semplice esperienza della ristrutturazione. Citando Donatella Caprioglio direi che “abitare è abitarsi”… si toccano corde della personalità, si sondano ambiti intimi del proprio io che non si rivelano facilmente a chiunque. Sebbene possa sembrare naturale occuparsi della propria dimora in realtà è molto facile commettere errori e spesso i ripensamenti in corso d’opera non sempre possono essere attuati. Affidarsi ad un professionista esperto a cui trasferire le proprie esigenze, le proprie aspettative e, consentitemi, i propri sogni, permette di raggiungere un risultato che risulta soddisfacente per sé stessi e per chi ha avuto il piacere di progettare quei sogni e desideri di cui parlavo prima. Per me ogni nuovo progetto rappresenta una sfida entusiasmante, parto dal colloquio col mio cliente cercando di cogliere nelle sue parole aspettative e desideri, cerco di dare una forma alle tante immagini che ha raccolto in giro e soprattutto in modo quasi ermeneutico fare in modo che il progetto sia esattamente l’idea che aveva in mente ma a cui non sapeva dare forma.
Quando si tratta di ristrutturare casa, il budget è sempre un fattore importante da considerare. Potresti condividere la tua esperienza e i consigli su come ottenere il miglior rapporto qualità-prezzo durante la ristrutturazione di un’abitazione?
Sicuramente il budget spesso rappresenta un limite e soprattutto, in questo momento contingente, una seria preoccupazione. In realtà esistono soluzioni tecniche e scelte dei materiali note a noi professionisti del settore che consentono di raggiungere i risultati attesi ma contenendo costi e risorse finanziarie. Oggi la varietà dei materiali sia da costruzione che di rifinitura è ampia e risulta semplice, se non seguiti correttamente, sforare i limiti di spesa preventivati inizialmente. Punto centrale, a mio avviso, resta il progetto, il luogo in cui l’architetto dimensiona, valuta, definisce e chiarisce i limiti di spesa e le possibili alternative economiche in funzione delle varianti da sottoporre al proprio cliente. Una buona progettazione è sempre il miglior investimento per il cliente: quanto più essa è dettagliata minori sono i margini di errore e soprattutto di discrezionalità da parte degli operatori edili che sono chiamati a realizzare. Un’altra possibile strategia è quella di affidarsi a chi ha esperienza nel settore edile e riesce a gestire su grande scala economie da trasferire al cliente.
L’online ha contribuito all’evoluzione della figura dell’architetto, così come la pandemia ha accentuato l’importanza degli ambienti domestici, portando a una maggiore attenzione da parte dei clienti. Come architetto, come ti stai adattando a questi cambiamenti? Come hai modificato il tuo approccio al lavoro in risposta a questi sviluppi?
Entrambe le circostanze che indicate hanno modificato molto il mio lavoro, sebbene, come dicevo prima, l’attitudine all’intimità degli spazi che viviamo deve essere un elemento imprescindibile di un buon architetto. Ritrovarsi chiusi in casa ha permesso alle persone di comprendere meglio la loro relazione con gli spazi di vita e la distanza imposta dalle misure ristrettive ha spesso smaterializzato il tradizionale rapporto col mio cliente: videoconferenze, visite virtuali a distanza degli spazi progettati mi hanno consentito di esplorare sentieri dell’io del cliente che in molte occasioni non emergevano di persona. Col mio staff ci siamo occupati in modo più approfondito di domotica e sistemi di controllo da remoto, approfittando del momento unico e singolare per fare ricerca e sperimentazione.
Come si sceglie un “buon architetto”?
Nella percezione comune un “buon architetto” deve avere qualità come la creatività e comprensione dei problemi sociali: quest’ultimo aspetto, in particolare, è imprescindibile. L’architetto deve saper ascoltare e orientare il suo intervento alle soluzioni necessarie per dare risposte ai bisogni reali della società, in particolare del proprio cliente.
Deve innanzitutto saper cogliere in anticipo le esigenze future del suo committente, saperlo orientare e guidare nella scelta dell’alloggio, nella definizione degli spazi calibrati in maniera sartoriale sulla sua persona. Difficilmente indossiamo un abito che ci vada troppo stretto o peggio ancora eccessivamente largo; in questo processo decisionale e, troppo spesso, tappa fondamentale di una scelta di vita, è importante affidarsi a professionalità che sappiano creare quel benessere psico-fisico che ci faccia sentire a casa, che permetta di rilassarci appena varcata la soglia della nostra dimora.
Ben 25 anni fa intrapresi, forse eccessivamente in anticipo rispetto ai tempi, un percorso professionale orientato alla genesi di un progetto di architettura che si avvalesse di diverse e differenti figure professionali che spaziavano dalla psicologia, alla neurologia, alla ecologia ed imprenditoria edile; fondammo una Onlus “Antropeios” che si occupava di definire gli spazi intimi dell’abitare calibrandoli esattamente sulle esigenze della persona che poi li avrebbe utilizzati. Sperimentammo un modello operativo che prevedeva semplici interviste e colloqui con specialisti del nostro io, in grado di cogliere quelle sfumature della nostra personalità che diventavano poi punti di ispirazione e forza del progetto d’interni. Fu spontaneo anche occuparmi delle disabilità e fragilità manifeste o meno che trovavano poi nel progetto un elemento di pacificazione.
Nella tua carriera, hai sicuramente affrontato richieste insolite e fuori dal comune da parte dei clienti. Come hai gestito queste situazioni e come hai trovato una soluzione che soddisfacesse le aspettative del cliente?
In verità ricordo sempre un’esperienza che mi segnò professionalmente agli inizi della mia carriera: una persona mi confessò, dopo diverse proposte progettuali tutte sistematicamente rifiutate, una sua idiosincrasia che nasceva dalla fobia che la propria abitazione si incendiasse, la qual cosa lo obbligava maniacalmente a controllare ogni volta che usciva di casa la corretta chiusura di tutti i dispositivi di erogazione delle linee gas ed elettriche. La confidenza fattami fu per me motivo di gratitudine nei suoi riguardi in quanto non aveva mai svelato questa fragilità a nessun collega che mi aveva preceduto. Con discrezione e cautela gli proposi una soluzione di controllo centralizzato in prossimità della porta di ingresso che gli consentiva di monitorare lo stato di spegnimento dei dispositivi che potevano creargli agitazione. Capii in quella occasione quale era il ruolo dell’architetto e quale sarebbe stato il mio… una missione che richiedeva di scavare nell’intimo umano per poter costruire spazi dell’anima, prima ancora di architetture fisiche.
Prima di concludere questa intervista, c’è qualche consiglio che vuoi dare ai nostri lettori che stanno valutando di intraprendere una ristrutturazione in casa?
Il consiglio che mi permetto di dare è quello di affidarsi ad un professionista che possa soddisfare le proprie aspettative, che sappia entrare con discrezione in empatia col cliente, valorizzando i suoi desideri che spesso sono quelli di una vita di sacrifici e rinunce. Ormai è fin troppo chiaro che un architetto deve saper ascoltare prima ancora di progettare, solo un professionista sensibile e discreto riesce a dar vita ad un lavoro serio e condiviso col proprio cliente. L’architetto scava nel profondo io del cliente, lo guida ed accompagna nel trovare soluzioni a cui non sarebbe mai giunto senza il suo aiuto. Così come scegliamo la nostra dimora per sentirci rappresentati ed in pace nel nostro intimo, scegliamo il nostro architetto per sentirci ascoltati. Un buon lavoro, una buona ristrutturazione nasce sempre dal rapporto costruttivo tra il progettista-creativo ed il cliente.
__________
Se desideri saperne di più oppure ricevere una consulenza dell’architetto Marco De Angelis, contattaci i nostri operatori saranno a tua disposizione